La Grande Brera, un nuovo simbolo per Milano
Dopo oltre cinquant’anni di vicissitudini, apre al pubblico l’atteso ampliamento della Pinacoteca di Brera, che riunisce in un polo unico: Palazzo Citterio, la Pinacoteca, l’Orto Botanico, l’osservatorio e la Biblioteca Nazionale Braidense
Inaugurata il 7 Dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio, dopo oltre cinquant’anni di vicissitudini, apre al pubblico il tanto atteso ampliamento della Pinacoteca di Brera, che riunisce in un polo unico: Palazzo Citterio, la Pinacoteca, l’Orto Botanico, l’osservatorio e la Biblioteca Nazionale Braidense. All’interno del rinnovato Palazzo Citterio al civico 12 di via Brera, trovano spazio oltre 200 opere delle collezioni Jesi e Vitali, allestite nelle due ali del piano nobile dell’edificio e due importanti mostre negli spazi adiacenti, una dedicata alla “Grande Brera”, curata da Luca Molinari, e l’altra, nell’ipogeo, dedicata a Mario Ceroli, “La forza di sognare ancora” a cura di Cesare Biasini Selvaggi. Secondo il Direttore Generale Angelo Crespi, in carica da inizio 2024, questo è un “atto che consente di pensare l’edificio di Brera come un unicum al mondo, che corona il sogno di Franco Russoli di realizzare la Grande Brera”. Un traguardo, reso possibile grazie al tradizionale connubio tra pubblico e privato - vanto di Milano- con mecenati sempre più coinvolti in un ruolo attivo e decisionale, che segna una nuova era per la scena artistica della città, riportando al centro, fisico e simbolico, le fondamenta delle sue origini culturali.
Antifascista convinto e illuminato direttore della Pinacoteca nel ventennio 1957-1977, Franco Russoli (1923.1977), cresciuto a Pisa, pensava che l'arte dovesse essere un motore di progresso sociale. La sua "Grande Brera", nasceva dall’idea che il museo si potesse risolvere in un centro dinamico e libero, capace di dialogare con la società contemporanea. Russoli immaginava la Pinacoteca come un luogo dove arte antica e moderna potessero coesistere, riflettendo l'evoluzione culturale e artistica del tempo. Si fece promotore dell’acquisto di Palazzo Citterio, concepito come sede per le collezioni moderne, e promosse la trasformazione di Brera in un'istituzione accessibile per la comunità, in grado di stimolare la ricerca, l’educazione e il confronto. Malgrado il messaggio sia giunto a concretezza con tempi lunghi, la visione di Russoli era sostenuta dalla storia stessa. Brera ha sempre conservato nel suo DNA una vocazione innovativa, a tratti rivoluzionaria.
Nel XIII secolo ospitava il convento degli Umiliati, un ordine religioso proveniente da Alessandria, sorto per contrastare la diffusa e inappropriata ricchezza del clero; lo stesso venne poi trasformato in Collegio dei Gesuiti, dagli albori, impegnati nell'istruzione e nella ricerca scientifica. Nel 1773, il complesso divenne di proprietà pubblica e nel 1776, per volontà di Maria Teresa d’Austria (1717-1780), sovrana riformatrice, venne convertito nell'Accademia di Brera. L’intento era quello di realizzare un centro culturale per la promozione delle arti e delle scienze che avrebbe compreso l’Accademia, l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, la Biblioteca Nazionale Braidense, l’Osservatorio astronomico e l’Orto botanico. Affidato all’architetto Giuseppe Piermarini (1734-1808), il progetto riuscì a rendere Brera un luogo cruciale per lo sviluppo, anche urbanistico di Milano, tanto che già nel 1778 venne costruito lì accanto il Teatro alla Scala. Fu però in epoca napoleonica, nel 1809, che la Pinacoteca prese forma come istituzione autonoma, prevista come supporto didattico per l’Accademia e ispirata al modello del Louvre di Parigi. La collezione originaria, composta da opere provenienti da chiese e conventi soppressi, si configurò subito come un omaggio all’arte italiana, rendendo Brera un riferimento internazionale. La Pinacoteca di Brera si differenziava infatti dai musei di Firenze, Roma, Napoli, Torino e Parma proprio per il carattere universale delle raccolte, non rivolte a una singola scuola locale o dettate da un collezionismo principesco. Brera era chiamata a rappresentare un museo di impronta enciclopedica, destinato all’educazione dei popoli e alla didattica artistica per gli allievi dell’Accademia di Belle Arti. Conosciamo, speriamo tutti, i pesi massimi ivi custoditi, tra cui: “La Pala di Brera” di Piero della Francesca, "Lo Sposalizio della Vergine" di Raffaello, il “Cristo morto" di Andrea Mantegna, "La Cena in Emmaus" di Caravaggio e "Il Bacio" di Francesco Hayez. Dopo l’Unità d’Italia, la Pinacoteca ampliò le sue raccolte, affermandosi come museo nazionale.
Arrivati il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale, Brera subì danni significativi, e sarebbe andata peggio senza Fernanda Wittgens (1903-1957), abile direttrice che mise in salvo molte opere dai bombardamenti. Nel dopoguerra, la Pinacoteca di Brera si concentrò su attività di riorganizzazione e restauro, diventando un importante centro di ricerca e dialogo artistico internazionale. Negli anni ’60, si confermò punto di riferimento per il rinnovamento museale e culturale in Italia, oltre che teatro di animati movimenti artistici. Nel turbolento clima degli anni di Piombo poi, fu proprio nel 1972, data in cui a Milano morivano uccisi Luigi Calabresi e Giangiacomo Feltrinelli, che lo Stato italiano acquistò Palazzo Citterio, un elegante edificio settecentesco, già noto come proprietà Furstenberg e poi Rosenberg Colorni. Tuttavia, trascorse ancora tempo prima che, nel 1986, l’Associazione Amici di Brera, fondata da un gruppo di cittadini nel 1926 a sostegno della valorizzazione del patrimonio culturale, ne affidasse all’architetto britannico James Stirling – autore dell’espansione della Staatsgalerie di Stoccarda – la ristrutturazione. Il lavoro fu rallentato da difficoltà economiche e politiche, oltre che da problemi strutturali, come la necessità di bonificare l’amianto presente in alcune aree, compito che spettò all'ultimo direttore, James Bradburne, colui del “Riportare Brera al cuore di Milano e Milano nel cuore di Brera”. Sotto la sua direzione, la Pinacoteca però è stata completamente riorganizzata, sia nelle sale espositive che nei percorsi tematici e didattici, così come arricchita dal caffè Fernanda e dalla Bottega Brera, per un'esperienza museale a tutto tondo.
L’allestimento della nuova veste che il pubblico incontrerà, è stato curato da Marina Gargiulo, storica dell’arte responsabile delle collezioni del XX secolo della Pinacoteca di Brera, e si sviluppa seguendo criteri tematici e cronologici. Il cuore della ricostituzione è la nuova Sala 40, dove troneggia La Fiumana di Pellizza da Volpedo (1868-1907), e da cui si diramano due sezioni: una dedicata alla collezione Vitali, che spazia dall’archeologia al Medioevo, fino al Seicento e a Morandi; l’altra consacrata alla collezione Jesi, sull’arte del Novecento. Il piano nobile accoglie dunque capolavori del XX secolo, italiani e internazionali, con opere di Boccioni, Modigliani, Morandi e Picasso, oltre a due raccolte particolari: gli Autoritratti minimi di Cesare Zavattini (1902-1989) e le 23 Fantasie di Mario Mafai (1902-1965) una serie visionaria che denuncia gli orrori della guerra, donata da Aldo Bassetti, ex presidente degli Amici di Brera.
All’ingresso è stato per di più installato, come ambiente di accoglienza, un Tempietto circolare in legno a firma MCA – Mario Cucinella Architects, ispirato allo stile bramantesco e donato dal Salone del Mobile. Alle sue spalle, un grande schermo ospita Renaissance Dreams l’opera digitale di Refik Anadol (1985), normalmente conservata al MEET. Rispetto alle mostre temporanee, fino al 9 marzo 2025, il secondo piano ospita la rassegna La Grande Brera. Una comunità di arti e scienze, curata da Luca Molinari, che esplora l’evoluzione architettonica e culturale di Brera dal 1500, raccontando come il complesso si sia trasformato da edificio monolitico a baricentro urbano che collega istituzioni, patrimoni e comunità.
Nell’Ipogeo Stirling invece, fino al 23 marzo 2025, La forza di sognare ancora, l'esposizione dedicata a Mario Ceroli (1938), primo episodio della neosiglata collaborazione tra la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e la Pinacoteca di Brera, mirata a valorizzare i rispettivi patrimoni artistici. Ceroli, formatosi nell’ambiente post-bellico dell’Accademia di Belle Arti di Roma, ha sviluppato un linguaggio artistico unico, con il legno come materiale principale. Prendendo le mosse, sia alla tradizione italiana che dao movimenti dell’Arte Povera e concettuale, ha trattato temi come identità, memoria e spiritualità, con un’estetica che unisce tradizione e innovazione. Per questa mostra, l’artista presenta dieci opere inedite, realizzate nell’ultimo anno, che intrecciano razionalità e immaginazione in una narrazione poetica e coinvolgente.
Per i tempi che corrono, i titoli che includono "grande" possono suscitare una certa inquietudine. Ad ogni modo, è fondamentale vedere in questa iniziativa il tentativo concreto di creare un sistema coeso, che vale la pena di essere sostenuto. La vera sfida sarà mantenere l’ambizione allineata agli ideali: solo trovando l’equilibrio tra “fare” e “pensare”, la cultura potrà parlare a tutti. Per ricordarcelo, concludiamo con Sant’Ambrogio, proclamato vescovo di Milano per ovazione popolare il 7 dicembre 374, che una volta disse: “Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi.”