Quando l’architettura è al servizio della vita (anche scolastica)

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2024
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Ogni tanto passo di fronte a un istituto professionale e non posso fare a meno di osservarne le cancellate esterne che somigliano a sbarre, i carcerari mattoncini rossi delle facciate, il giardino trascurato. Mi intristisce il grigiore generale che emana da quella scuola e mi fa pensare a cosa debbano provare gli alunni, a quanto debbano scontare in termini di autostima, nel sentirsi destinati a un posto così respingente e dovendolo abitare ogni giorno. Mi chiedo come mai chi l’ha progettato non abbia pensato che l’edificio si sarebbe popolato di giovani; soprattutto, mi chiedo se la destinazione d’uso di quella scuola in particolare abbia indotto l’architetto a non valorizzare il lato estetico – anzi, a trascurarlo del tutto – in favore di un cupo, implicito invito a «imparare un mestiere».

Ho ritrovato considerazioni simili nel saggio “Città foresta umana. L’empatia ci aiuta a progettare”, edito da Einaudi e scritto dall’architetto Mario Cucinella insieme alla giornalista del Sole 24 Ore, Serena Uccello: un appassionato invito a rivalutare il concetto di architettura, passando dal considerarla pura tecnica costruttiva a «strumento di miglioramento delle condizioni di vita», utilizzato da professionisti che possiedano «cultura e visione».

L’edilizia scolastica separata dalla pedagogia

Il capitolo “L’arte dell’accudimento delle piccole cose” parla, appunto, di edilizia scolastica e si sofferma sul valore memoriale che dovrebbe avere un istituto: luogo capace di persistere come simbolo significativo nella memoria di chi l’ha frequentato e non ricordato come un blocco di cemento entro il quale si è trascorso del tempo di pessima qualità—anche solo estetica, che non è dir poco. La scuola dovrebbe essere invece il posto che per eccellenza stimola idee e fantasia, che invita gli studenti a immaginare un futuro possibile per sé e per gli altri.

«Non c’è un pensiero che associ l’architettura alla pedagogia», lamentano gli autori di Città foresta umana; tale associazione è proprio ciò che Cucinella prova a fare col suo lavoro di progettazione scolastica. A partire, ad esempio, dall’asilo nido di Guastalla, uno spazio circondato da pioppeti e concepito come il ventre di una balena, con telai di legno ondulati che ne garantiscono l’isolamento termico, ampie vetrate che permettono l’integrazione tra interni ed esterni e la presenza della luce naturale e delle sue mutazioni durante l’arco della giornata; o come la scuola di Pacentro, nel Parco nazionale della Maiella, edificata dopo il terremoto in Abruzzo e somigliante a un «disco volante che è atterrato su un pianoro ai piedi del paese».

La rigenerazione mossa dal pensiero

Un gesto, quello dell’architetto che costruisce una scuola o – anche con fondi risibili – ne riqualifica una malmessa, dal fortissimo intento rigenerativo: quando però dietro l’azione vi sia il pensiero e, soprattutto, la cura per i luoghi e per chi li vivrà nel tempo. Martin Heidegger scriveva che la coscienza è la chiamata della cura. Con tale spirito si dovrebbero edificare gli spazi: altrettanta importanza avranno nella mente e nel cuore di chi li ricorderà.