Pronti a farvi stupire?

Published
21 Sept 2023
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Nella VI edizione del Festival Treccani della Lingua Italiana, filosofi, scienziati, architetti e imprenditori ragionano sulla parola «stupore». Tra loro, anche la Bim Manager dello studio Mario Cucinella Architects, Laura Tiburzi, che qui ci racconta il suo stupefacente mestiere.
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Lo «stupore» è quella sensazione che segue un evento inusuale, è l’effetto di meraviglia che può condurci a un risveglio, ma anche lo stordimento che segue la rottura della quotidianità. Stupore è sconcerto, sorpresa.
E quest’anno proprio alla parola «Stupore» è dedicata la VI edizione del Festival Treccani della Lingua Italiana, che si tiene a Lecco, dal 21 al 24 settembre.
Ci sono laboratori didattici, incontri, lezioni magistrali, spettacoli musicali, e tutto verte intorno al tema dello stupore, in tutte le sue sfumature, spaziando dalla filosofia alla sociologia, dalla poesia alla letteratura, dalla scienza all’architettura. Ne parlano in tanti: le filosofe Donatella Di Cesare e Francesca Rigotti, i linguisti Giuseppe Antonelli, Michele Cortelazzo, Valeria Della Valle, Andrea Moro e Giuseppe Patota, il Cardinale José Tolentino de Mendonça, la critica letteraria e storica della letteratura italiana Lina Bolzoni, lo scrittore Paolo Di Paolo, l’etologo Enrico Alleva, l’imprenditore Oscar Farinetti e Laura Tiburzi, Bim Manager nel prestigioso studio Mario Cucinella Architects, a cui abbiamo fatto qualche domanda in anteprima.

E già, per quel che le riguarda, lo stupore sta nel suo lavoro: Come si diventa Bim manager? Che cosa fa un Bim manager?
«Il mondo della progettazione sta attraversando una rivoluzione importante, che mette le informazioni al centro: ogni soggetto coinvolto nella vita di un’opera (progettista, cliente, amministrazione, etc), lavora su di un’unica fonte di informazioni, la modifica e la rende disponibile agli altri lungo tutte le fasi che vanno dall’ideazione, alla costruzione, alla gestione e dismissione di un’opera. Il Building Information Modeling (BIM) è il metodo che permette a tutta questa struttura di funzionare bene, facendo collaborare persone, tecnologie e norme nel modo più efficace, efficiente ed armonioso possibile. Nel concreto, il BIM manager lavora con il Project Manager (ed altre figure specifiche), identificando le esigenze e le strategie, strutturando i contratti e i team, monitorando costantemente l’andamento della commessa, anticipando e risolvendo problemi gestionali a supporto del gruppo di lavoro. La sfida del BIM è dunque entusiasmante e duplice: mettere a sistema tutte queste competenze e sensibilità, e farle comunicare con quelle esterne, cliente compreso, per rispondere alle esigenze nel miglior modo possibile. Personalmente ho cominciato ad occuparmi di questi temi una quindicina di anni fa, approcciandoli da studentessa, per poi farne una professione, convinta che architettura e ingegneria possano dare il meglio potenziando la comunicazione tra loro con metodi moderni. Come figura professionale, quella del BIM Manager è relativamente nuova, ma il percorso più “classico” è quello che porta uno specialista che lavora con metodo BIM (strutturista, architetto, impiantista, …), a voler diventare prima BIM Coordinator, e poi BIM manger, staccandosi un po’ dal dettaglio progettuale e passando maggiormente al mondo della gestione. È un àmbito interessante, dove le donne sono ben rappresentate e dove c’è ancora moltissimo da esplorare, creando ponti tra l’umanistico e il tecnologico».
Lei lavora nello studio di Mario Cucinella Architects, uno dei più impegnati nella sostenibilità: qual è il progetto su cui ora state lavorando che più vi rende orgogliosi?
«Approcciamo ogni progetto con la consapevolezza che la sostenibilità non è solo ambientale ma anche sociale ed economica: ogni progetto risponde ai luoghi e alle persone attraverso un processo che l’architetto Cucinella ha definito “empatia creativa”. Non esiste una “classifica” perché ogni intervento ha dunque delle peculiarità interessanti: ogni team lavora con la medesima attenzione e passione, indipendentemente dalle superfici occupate, la scala di progetto o la destinazione d’uso».
Il tema di questo Festival Treccani della Lingua Italiana è lo stupore. Qual è la costruzione che l’ha più stupita negli ultimi anni?
«Rimanendo nell’ambito delle realizzazioni del nostro studio MCA – Mario Cucinella Architects, cito molto volentieri il museo della Fondazione Rovati, a Milano: è la prova concreta dell’alta qualità che può raggiungere una realizzazione quando una committenza particolarmente sensibile incontra un team che spinge la progettazione verso nuovi linguaggi, nel rispetto della funzione (museale in questo caso), e del valore storico del tessuto nel quale l’edificio si inserisce. Materiali, forme, luci, allestimenti, scelte strutturali e formali sono tutti in grande dialogo tra loro, in un insieme che facilmente definirei “sorprendente”».
L’hashtag del Festival è #leparolevalgono: per lei qual è la parola a cui oggi dovremmo dare più valore?
«Domanda difficilissima per una persona appassionata di parole, quale sono! Recentemente ho riflettuto sul termine “autotomia”: la capacità che hanno alcuni animali di perdere volontariamente una parte del loro corpo e rigenerarla. Mi chiedo: come le lucertole perdono la coda per sfuggire ai predatori dandosi una nuova possibilità di vita, noi, come singoli e come società, cosa potremmo/dovremmo lasciar andare per aprirci a un futuro migliore, a una nuova fase di rinnovamento? Sarebbe una rinuncia o un’opportunità? A mio avviso, la tutela dell’ambiente e della sanità mentale sono due ambiti molto contemporanei, dove possiamo declinare questo concetto in modo interessante».